Motivazione: la giusta spinta verso la meta

Il termine motivazione deriva dal latino motus e indica il motivo che ci spinge, la forza che ci guida verso un bisogno da soddisfare, un obiettivo o una meta.
Quotidianamente mi trovo a contatto con bambini e ragazzi che frequentano la scuola e che spesso non hanno un motivo valido per affrontare compiti, verifiche e spiegazioni in classe.

Mi sono chiesto quindi: cosa spinge un ragazzo ad impegnarsi nello studio?

Ecco alcune risposte frequenti che ho sentito dare dai ragazzi che incontro:
“Sono contento di scoprire cose nuove!”, “Se non studio i miei genitori e i professori mi rimproverano”, ”Quando sarò grande dovrò avere un lavoro ben retribuito”, ”Sono felice di vedere i miei compagni”, ”I miei genitori mi spronano in molti modi”, …
Viceversa, chi non studia mi riporta queste frasi:
“Faccio fatica! Mi stresso!”, ”Non mi interessano gli argomenti. Mi annoio a morte”, …

 

La motivazione proviene da dentro di noi o da fuori di noi?

Ogni frase che ho riportato prima viene detta perché di base è presente, o assente, una motivazione.
Essa può essere di due tipi: intrinseca ed estrinseca.

La prima, cioè quella intrinseca, proviene da stimoli interni a noi che esprimono:

  • il coinvolgimento e il piacere nel fare un’attività;
  • un atteggiamento di interesse verso qualcosa o qualcuno, in questo caso lo studio;
  • la curiosità nell’esplorare la realtà.

La motivazione ha origine dal bisogno di sentirsi protagonisti e artefici della propria vita e dimostra la volontà della persona di gestire le varie situazioni che si presentano.
È quella che ci rende contenti di fare qualcosa per il puro e semplice piacere di farlo. Spesso, proprio per questo motivo, tendiamo a ignorare la fatica che abbiamo bisogno di investire per portare a termine il compito.

La motivazione estrinseca invece è quella che proviene da fuori, da fattori esterni (persone, situazioni, frasi dette, premi, …) che servono come incentivi per permettere di svolgere compiti che normalmente non sono accattivanti; essa è legata al bisogno innato di ricevere ricompense adeguate.

Comunemente, quando parlo con i genitori di come e cosa fanno per motivare i figli, ricevo in risposta “Promettiamo loro un premio”, ”Quando avrai preso 7 in storia, ti comprerò il cellulare” e così via. La ricompensa, però, porta con sé conseguenze ed effetti negativi se:

  • le attività vengono percepite solo come strumenti per ottenere il premio;
  • è associata ad un’attività sgradevole;
  • viene percepita come forma di controllo di una persona esterna.

Al contrario, essa acquista una valenza positiva se è percepita come:

  • un riconoscimento simbolico della propria competenza;
  • un apprezzamento per il compito eseguito;
  • un feedback rispetto alla capacità di eseguirlo.

 

Perché mio figlio non vuole studiare?

Le motivazioni sono strettamente collegate a obiettivi d’apprendimento che possiamo distinguere in:

  • obiettivi di padronanza che spingono a impegnarsi per imparare, indipendentemente dal riconoscimento esterno di questo impegno;
  • obiettivi di prestazione che servono a dimostrare le proprie conoscenze per essere giudicati positivamente.

È evidente che questi due tipi hanno una forza diversa nel motivare!

Uno studente, che possiede prevalentemente obiettivi di padronanza, considera l’insuccesso come indice di scarso impegno e quindi tende nelle volte successive a impegnarsi maggiormente, a riflettere su cosa gli ha impedito di avere successo e a cercare nuove strategie. Cerca in questo modo di incrementare le proprie competenze e considera le difficoltà non necessariamente come un ostacolo, ma come delle occasioni per apprendere cose nuove e mettersi alla prova, aldilà del possibile fallimento.

Quando prevalgono obiettivi di prestazione invece, il ragazzo interpreta il fallimento come scarsa capacità, non è molto tenace e quindi molla facilmente di fronte alle difficoltà, riduce le sue aspettative rispetto a compiti successivi potrà convincersi che non sarà mai in grado di affrontare un determinato compito, con un sentimento di svalutando le proprie capacità. Di conseguenza evita i compiti difficili che possono ulteriormente confermare la sua incapacità per scegliere, invece, compiti facili che comportano una perdita però della spinta motivazionale. Gli studenti con questo tipo di obiettivo sono particolarmente preoccupati di mostrarsi intelligenti e capaci (ai propri occhi e a quelli degli altri), tendono a vivere le prove come una verifica della loro intelligenza e sono più preoccupati di confermare le proprie capacità piuttosto che mettersi alla prova.

La contrapposizione tra i due tipi di obiettivi non è così netta: una persona può avere sia obiettivi di prestazione che di padronanza in relazione alle diverse materie o ai diversi ambiti. Ci sono materie in cui l’obiettivo è raggiungere la sufficienza ed altre invece che vengono approfondite meglio perché sono interessanti e coinvolgenti.

 

Come incentivare lo studio?

Tenendo presente quanto detto sopra, cosa può fare un genitore per incentivare la motivazione del figlio?
Ricordiamoci che tutti noi abbiamo una naturale tendenza all’imparare, a conoscere tutto quello che serve per risolvere le problematiche di adattamento creativo all’ambiente: si impara ciò che è utile per vivere e ciò che dà senso e valore alla propria vita. La frase fatta “devi studiare punto e basta” a lungo andare spegne l’entusiasmo e quindi la motivazione. Se un ragazzo non riesce a dare significato a quello che sta studiando, non può soddisfare il suo bisogno di conoscere. È fondamentale, quindi, dare senso, importanza, significato allo studio.

Per iniziare si può motivare il giovane studente partendo dai suoi interessi di base. Bisogna ricordare che molti studenti non sentono alcuna necessità di conoscere ciò che è lontano dalla loro esperienza. Domandiamoci quindi in quali situazioni si sentono motivati senza alcuno sforzo. Gli interessi che abbiamo individuato andranno riattivati e usati come risorse e agganci per apprendere nuove informazioni, così da collegarli con i temi più stimolanti di una materia.

 

L’importanza dell’auto efficacia

“Caspita! Ho capito tutto, sono stato bravo, ho risolto questo problema!”
Un ragazzo studia con entusiasmo quando avverte una sensazione di competenza e un incremento dell’autostima. Se sa di essere stato capace, punterà verso aspettative più elevate di successo.

È stato dimostrato che esiste un circolo virtuoso tra il sentirsi abile, le proprie aspettative di successo e le buone prestazioni. Insieme portano alla definizione del proprio senso di autoefficacia in quanto:

  • lo studente che si aspetta un buon risultato si sente spinto a impegnarsi maggiormente;
  • più investe l’impegno e più aumenta la probabilità di successo;
  • a obiettivo raggiunto si percepisce più competente;
  • si sente stimolato ad affrontare nuove situazioni.

Se il ragazzo dubita delle proprie capacità è cosa buona dirottare i suoi dubbi verso pensieri più prolifici, con domande del tipo “Quali sono gli argomenti che hai capito di più? Quali sono più complessi?”. Ciò serve a promuovere un’analisi più accurata dei problemi, in quali parti si è già competenti e quali vanno migliorate.

Vogliamo che i ragazzi si sentano più motivati? Facciamo loro maturare un atteggiamento positivo portandoli ad affrontare compiti lievemente più complessi di quanto siano realmente in grado di fare! Saranno così portati a sperimentare la sensazione che il proprio livello di competenza stia aumentando gradualmente.
Andrà loro riconosciuto ogni traguardo raggiunto attraverso feedback.

Sarà importante sollecitare la sperimentazione di nuovi approcci allo studio, personalizzati in base alle proprie propensioni, come abbiamo visto nel nostro articolo precedente Studiare consapevolmente.
I suggerimenti sopra riportati sono solo una porzione del calderone di possibili modi per rinvigorire l’innata motivazione delle giovani menti nei nostri percorsi individuali.

Lo staff di Centro Arché ha il compito di aiutare ogni ragazzo a prendersi cura della propria formazione e a scoprire le proprie potenzialità perché si sviluppino in modo creativo. Per questo invitiamo tutti i ragazzi a ricercare un significato, un senso della propria esperienza di studio e a credere di poter migliorare costantemente.

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