Non parlarmi di matematica!

Il 2017 è ormai iniziato da alcune settimane e, come spesso succede in questo periodo, ci si prende del tempo per ripensare a quanto successo nell’anno precedente e a quali obiettivi si vogliano realizzare nei mesi a venire.
Ripensando in particolare all’anno appena passato, voglio condividere con voi una storia, quella di Luca, per il quale un disturbo di apprendimento si è trasformato in uno splendido successo, sia sul piano delle abilità, che su quello dell’autonomia e dell’autostima. Ma la storia di Luca non è sicuramente una di quelle storie “facili”! Al contrario è una storia costellata di brutti voti, pianti, demotivazione e incomprensione. Una storia in cui spesso la frustrazione e l’impotenza hanno preso il sopravvento sulla voglia di mettersi in gioco e di essere artefici del proprio apprendimento. Una storia in cui un ragazzo, per “colpa” della sua discalculia, è arrivato a credere di essere sbagliato e di non avere possibilità di riuscita. E questa convinzione è insita e ancorata profondamente in molti dei ragazzi con cui lavoro al punto tale che, loro stessi, finiscono per credere di essere inadeguati e imperfetti, abbiano essi una dislessia, discalculia, disgrafia o disortografia! Queste convinzioni e credenze nascono quando non riescono ad eseguire un compito e vanno poi a minare profondamente la percezione e la sicurezza che quei ragazzi hanno di loro stessi.

L’importanza dell’influenza dell’ambiente

Ma torniamo a Luca e all’anno in cui ha iniziato a fare la prima elementare, nell’ormai lontano 2006! Quell’anno Luca si è sentito ripetere per i primi tre mesi di scuola dalla maestra di matematica queste tre parole “NON SEI CAPACE!”. E a furia di sentirle dire dalla voce dell’insegnante, Luca ha iniziato ad interiorizzare la frase e a ripetersela continuamente, a casa, a scuola, al parcogiochi! Ovunque andasse la frase lo inseguiva. E più la ripeteva tra sé e sé, più la vocina iniziava a diventare importante. Luca non poteva far altro che credere a quelle voci, voci che gli ricordavano ogni giorno che il suo futuro poteva essere solamente costellato di insuccessi in matematica!
In molti conoscerete l’effetto Rosenthal, quell’assunto secondo il quale il contesto sociale e l’ambiente in cui si è immersi possono influenzare, negativamente o positivamente, le prestazioni di una persona. Per Luca l’ambiente ha avuto un grosso peso e le conseguenze non hanno tardato ad emergere: lui ha imparato a spegnere il cervello a priori, qualunque fosse l’argomento di matematica affrontato e qualunque fosse la persona a proporlo.

Ma perché è tutto così difficile?

A questo punto della storia di Luca può però sorgere spontanea una domanda: cosa ha portato questo ragazzo a prendere la decisione definitiva di non essere in grado di affrontare la matematica? Qual è il primo meccanismo dell’ingranaggio che non ha funzionato a dovere?
Vedete, ciascuno di noi apprende continuamente durante tutto l’arco della propria giornata: apprende a scuola, a lavoro, a teatro. Ma ognuno lo fa in un modo del tutto personalizzato! Per Luca i canali sensoriali più efficace per acquisire informazioni erano quello visivo e cinestesico. Tutto quello che lui riusciva a visualizzare o, ancora meglio, a costruire diventava oggetto di apprendimento. Le informazioni che gli venivano fornite sfruttando dei canali puramente uditivi o visivi-verbali risultavano essere invece informazioni vuote, prive di significato. Ecco perché per lui disegnare continuamente sul quaderno di matematica dei numeri in “cicciotto”, colorarli e ascoltare la maestra in classe che ripeteva le tabelline come fossero una cantilena sono state attività prive di senso. Luca non ha imparato a riconoscere i numeri andando a scuola, ma lo ha fatto a casa, in autonomia, quando ogni 6 gennaio si metteva a contare i pezzi di carbone e le caramelle che gli aveva portato la befana. Oppure quando si trovava a sommare le macchinine regalategli per il suo compleanno. O infine quando andava al mercato con il nonno per comprare le crocchette di patate che poi avrebbe mangiato. Queste sono state le attività che per lui hanno fatto la differenza! Ma nonostante ciò, tutte le sue conquiste sono arrivate sempre “in ritardo” rispetto ai tempi imposti dalla scuola. E questo ha portato all’instaurarsi della vocina di cui abbiamo parlato prima, quella pressante e opprimente che non ha lasciato spazio a Luca di sperimentare, scoprirsi, creare e imparare!
Sostenere un ragazzo nel suo percorso di apprendimento richiede quindi un riconoscimento del suo canale di acquisizione delle informazioni preferenziale attraverso il quale può apprendere. Procedendo in questo modo gli si possono presentare le informazioni nella maniera più funzionale e facile e gli si permette di imparare velocemente e in modo naturale argomenti che in caso contrario verrebbero lasciati in disparte. Dobbiamo ricordarci sempre che “non esistono bambini e ragazzi in grado di non apprendere, ma solo modalità per loro sbagliate di acquisire informazioni”!

La svolta: finalmente la matematica ha un senso!

Come vi accennavo all’inizio dell’articolo, la storia di Luca è una di quelle storie che si sono concluse con un “lieto fine”. Quando l’ho conosciuto, mancavano ormai pochi mesi alla fine della scuola media e quindi… gli esami si avvicinavano sempre più! Per Luca una parte del programma di matematica (la geometria solida) era ancora avvolto nella nebbia, nonostante le numerose ore dedicate a fare esercizio, memorizzare formule e cercare soluzioni a problemi che apparentemente sembravano impossibili.
Qualcuno di voi avrà probabilmente avuto la sua stessa difficoltà vedendo questa scritta:

V = a x b x h

Per altri invece la scritta, potrà sembrare banale. Per Luca la formula era completamente priva di senso: a scuola continuava a sentire che per calcolare il volume di un parallelepipedo avrebbe dovuto applicare la formula scritta sopra!
Ma come poteva fare, se non aveva nemmeno lontanamente intuito il significato di quei pochi segni e lettere messi assieme? Ecco che allora gli ho fatto una proposta: perché non provare a costruire un parallelepipedo con la plastilina, attribuendo ad ogni singolo segno della formula un’immagine portatrice di significato? E così è stato! Luca ha impiegato quasi tre ore di tempo per creare il suo parallelepipedo personale: per lui sono state ore in cui ha potuto divertirsi, costruire, usare le mani, sporcarsi, fare domande, iniziare a dare un senso a quelle ore scolastiche che fino a quel momento erano state inutili! Il risultato finale è stato per lui una vera e propria soddisfazione: mai la matematica gli era sembrata così facile e concreta. Il lavoro sulla geometria si è velocizzato appuntamento dopo appuntamento fino a quando, un pomeriggio, mi sono sentita dire da lui, guardando la formula del volume di un prisma a base esagonale, questa frase: “Ovvio che la formula è questa! Non ci sarebbe stato nessun altro modo per calcolare il volume. Non mi serve neanche più usare la plastilina adesso.”
Il risultato? A metà giugno, quando sono usciti gli esiti degli esami, ho trovato un messaggio sul cellulare con scritto: “10 in matematica! Finalmente posso dire che sono capace anch‘io a fare qualcosa!” Per Luca l’esame è stato un traguardo importante che gli ha permesso di ricredersi e di darsi una nuova possibilità nell’affrontare la materia.

Matematica: un fiume in piena che non si può arrestare

Per un momento vi chiedo di immaginare una diga: una di quelle enormi, che bloccano un fiume dalla grande portata, solide al punto tale che sembrano indistruttibili. A questo punto immaginate che, sulla parete della diga, si sia creata una piccola crepa, dalla quale lentamente sta sgorgando dell’acqua. Per Luca l’esame di terza media era stato come quella piccola rottura: si era creato un varco, piccolo, attraverso il quale l’acqua poteva iniziare a scorrere.
Ma cosa succede all’acqua quando finalmente riesce a trovare una “via di fuga” dalla diga? Essa inizierà ad insistere e premere sulla fessura, fino al momento in cui riuscirà a scorrere totalmente libera, alla sua velocità e senza ostacoli davanti, distruggendo la barriera che la teneva bloccata. Così è stato per Luca: l’estate del passaggio dalla scuola media alla scuola superiore è stato vissuto come un momento di riscoperta delle proprie possibilità e capacità, di piacere nell’affrontare una materia fino ad allora così ostica. Il ragazzo ha voluto mettersi alla prova e in questo modo ha potuto rinforzare le sue conoscenze matematiche e, ciò che più conta, la sua sicurezza.
La voglia di sperimentare e affrontare quello che era “il suo più grande scoglio” sta crescendo esponenzialmente, giorno dopo giorno. Adesso Luca sta frequentando la seconda superiore, si confronta quotidianamente con equazioni, problemi, calcoli e ragionamenti. Probabilmente la matematica non è e non sarà mai la sua materia preferita! Ma finalmente Luca potrà ugualmente sentirsi efficace e soddisfatto per il percorso fatto e per i risultati positivi che continua a collezionare i matematica. Il percorso iniziato assieme a Centro Archè per affrontare il suo disturbo di apprendimento ha nel tempo permesso a Luca di sviluppare abilità e acquisire competenze tali da poter fare in autonomia compiti ed esercizi di matematica. Gli ha permesso di riscoprirsi capace di gestire la matematica. Lo ha portato a dare un calcio definitivo alle credenze depotenzianti che si erano installate in lui fin dalle prime settimane di scuola primaria.
Per Luca “la sua discalculia, non è mai stata una semplice discalculia”. È molto di più: è la scoperta di un modo di pensare unico, di un ragazzo con dubbi ed incertezze, con le sue difficoltà e qualità, ma anche con i suoi punti di forza. È il viaggio dentro emozioni forti e autentiche, è un mondo di parole e di sogni che non vedono l’ora di uscire allo scoperto e di esprimersi.

One thought on “Non parlarmi di matematica!

  • 7 Febbraio 2017 in 1:49
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    Bellissima storia sulla matematica di Luca.

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